L’Italia che c’è e quella che non c’è

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C’è ancora chi si stupisce e non capisce cosa stia accadendo nel Paese da quando il nuovo Governo Monti ha varato la manovra “salva Italia”, e c’è ancora chi è fermamente convinto che tutto ciò che Monti e la sua squadra stanno facendo era assolutamente necessario per tirare fuori l’Italia dal baratro dove era stata cacciata da Berlusconi. Ancora una volta, e forse per sempre, le “colpe” sono tutte di Berlusconi e Monti non poteva fare altrimenti.

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Il “piacere” dell’informazione e della disinformazione lo può apprezzare chi lo mette in atto scientemente con la finalità di indirizzare l’opinione pubblica: non si tratta d’essere “bravi” giornalisti. Nella maggior parte dei casi, chi manipola informazione e disinformazione non è un professionista giornalista della carta stampata o dell’etere, ma è professionista d’altro genere che altri strumenti possiede ed è esperto nell’usarli. Per fare diventare vero il falso è necessario che il falso contenga qualcosa di vero, un tanto che basti a suggerire che anche il rimanente falso sia vero. E’ il gioco degli specchi, dove il reale si nasconde dietro mille immagini riflesse.

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Resta un dato determinante e importante che difficilmente può essere deformato dall’informazione o dalla disinformazione: un “accadimento” non si può modificare a piacere, anche se c’è chi prova a farlo. Fondamentalmente un “fatto” resta un “fatto”.

Il “fatto” che difficilmente oggi può essere contestato è che Monti è veramente riuscito a fare ciò che Berlusconi non era stato in grado di fare: sollevare la rabbia di intere categorie di lavoratori, professionisti, pensionati e quant’altri si stanno sentendo presi per i fondelli e affamati.

Durante una delle tante proteste animate da Milano al Sud, è circolato questo interrogativo: “Ma perché Monti non ha liberalizzato il Club Bilderberg?”. L’interrogativo è caduto nel vuoto, a quanto pare: forse per ignoranza o forse chissà perché.

Ma è un po’ come la storia del presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello che, a nostro avviso, ha perso ancora una volta l’occasione per starsene zitto, quando ha cercato di contestare le manifestazioni di protesta in Sicilia insinuando che potessero essere manipolate dalla mafia. A Lo Bello noi diciamo che “tutto” può essere manipolato, ma non solo dalla mafia…

Noi chiudendo questa riflessione vogliamo sottoporre all’attenzione dei nostri lettori un bell’articolo di Sergio Soave, pubblicato su “ItaliaOggi” del 21 scorso.

SA.BA.

 

Un governo che non media sarà travolto dalle ribellioni

di Sergio Soave  

 

Il decreto sulle liberalizzazioni, prima ancora di essere emanato, ha suscitato proteste che, in qualche caso non isolato, assumono il carattere di rivolte, soprattutto in Sicilia e in altre zone del Centrosud. L’esecutivo ha risposto che non intende trattare, anche se questo proposito draconiano era stato già violato in precedenza con gli incontri con improbabili rappresentanze dei taxisti. In nome dell’emergenza si può agire con decisione, ma è sempre pericoloso distruggere la funzione degli agenti di mediazione, politici o sindacali che siano. L’oscillazione tra il cedimento alle pretese di concertazione avanzate dalle confederazioni del lavoro e l’asserita rigidità assoluta nei confronti di quelle del ceto medio non è ragionevole. In una democrazia matura è importante che sia il consenso sia il dissenso vengano incanalati attraverso sistemi di rappresentanza riconoscibili. La crisi delle rappresentanze, che è anche il risultato di opacità democratica, non produce pace sociale, ma ribellismo incontrollabile. Se regge la rappresentanza politica democratica, questa può in situazioni eccezionali, surrogare l’eclisse di quella sociale. È anche accaduto, per esempio, ai tempi di Tangentopoli, il contrario, che cioè la concertazione con le parti sociali surrogasse la funzione centrale di un Parlamento delegittimato. La situazione attuale presenta invece una sorta di autoannullamento delle rappresentanze politiche associato a una permanente crisi della rappresentanza sociale. In queste condizioni agire senza cautele adeguate può far saltare la coesione sociale, in assenza della quale si possono attendere fenomeni simili a quelli che hanno caratterizzato la fase iniziale della crisi greca. La ricerca della mediazione e la costruzione del consenso o almeno della tolleranza per le aspre misure necessarie sono una complessa funzione politica, tanto più necessaria quanto più incisive sono le riforme che si intendono realizzare. Da questo punto di vista la situazione del governo è pericolosamente squilibrata, se non riesce a trasformare la maggioranza coatta che lo appoggia di malavoglia in una coalizione a termine che esercita il potere reale di controllo parlamentare e di conseguenza può sobbarcarsi la responsabilità piena delle misure approvate, esercitando una propria funzione di mediazione. Altrimenti, continuando a ottenere svogliate approvazioni con la minaccia della crisi e delle dimissioni, senza creare alcuna organizzazione del consenso, se non quella affidata alla grande stampa legata al sistema finanziario da cui nasce l’esecutivo, si rischia il corto circuito e l’espansione delle ribellioni.

 

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